Come deve essere la comunicazione genitori-figli per dimostrarsi concretamente efficiente?

Spesso i genitori si lamentano di dover ripetere le cose un sacco di volte, senza esiti produttivi. La loro comunicazione non risulta efficiente. Per quali motivi? E soprattutto: come deve essere la comunicazione genitori-figli per dimostrarsi concretamente efficiente?
Di seguito alcune indicazioni pratiche per raggiungere questa finalità:

  1. Il primo requisito necessario per una comunicazione realmente efficace è l’ascolto: per essere ascoltati occorre in primis saper ascoltare. Il vero ascolto si basa anzitutto sulla sospensione del giudizio, ed in secondo luogo su di una autentica sintonia emotiva, ovvero sulla profonda comprensione dello stato d’animo del bambino. Si parla infatti di ascolto empatico e non giudicante.
  2. In secondo luogo, la comunicazione efficiente si basa su una relazione realmente alla pari con il bambino. Il genitore, in quanto adulto, si trova necessariamente in una posizione asimmetrica rispetto al bambino. Tuttavia, comunicare con i figli esercitando questo ruolo di potere ostacola notevolmente il dialogo. Per questo occorre: abbassarsi al livello fisico del bambino, ovvero: quando si parla con lui piegare le ginocchia e guardarlo negli occhi, non parlare dall’alto. Inoltre, utilizzare un linguaggio conforme all’età del bambino (ricordo qui che, fino ai 12 anni circa, non è possibile comprendere concetti e linguaggio astratto).
  3. La 3 regola è questa: poche chiare e semplici regole, sempre motivate, in modo divertente se possibile. Ad esempio, vogliamo invogliare il bambino a lavarsi i denti. Diamola regola chiaramente, ovvero: “Dopo ogni pasto si lavano sempre i denti”. E poi possiamo spiegare sotto forma di favola la formazione delle carie, dicendo che “I nemici, i mostri vogliono con martello e scalpello bucare i dentini! E mangiando gli zuccheri diventano sempre più grassi…”.
  4. La 4 regola è la cosiddetta regola della ripetizione: non ripetere le cose più di 3 volte, altrimenti c’è il rischio che esse perdano il loro valore.
  5. La prima volta devono essere dette con un tono pacato e dolce, motivandole.

    La seconda invece con il tono più fermo, mentre alla terza deve scattare un intervento più deciso, che io amo chiamare “Pausa di riflessione”, e non punizione, così come specificato nel punto seguente.

  6. La 5 regola suona così: “No alla punizione, si alla pausa di riflessione”. Punizione è qualcosa di negativo, il bambino associa il termine a qualcosa di poco gradevole. La reazione del bambino alla minaccia della punizione è spesso il pianto o la bizza. Io preferisco di gran lunga parlare di pausa di riflessione, con cui si mette il bimbo in un angolo di una stanza da solo (mai al buio!), dicendogli che ha modo così di riflettere in silenzio sul suo comportamento, capendo il suoi errori. Trascorso il tempo prestabilito, questi riferirà al genitore il frutto della sua riflessione, dichiarando i buoni propositi futuri.
  7. 6 regola: essere l’esempio di ciò che si dice: forse dovrebbe essere la prima, nel senso che essere coerenti con ciò che si chiede di fare costituisce indubbiamente la più potente forma di educazione.
  8. Per comunicare efficacemente occorre anche evitare messaggi contraddittori: per esempio, mai promettere al bambino una cosa e non farla, così come è sconsigliabile il genitore usare parole di rimprovero nei confronti del bambino ma poi abbracciarlo: questi elementi compensativi evidenziano, ai suoi occhi, l’indecisione e scarsa affidabilità.

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