Disturbi d'ansia nei bambini, quando preoccuparsi?

Il termine ansia deriva dal latino “anxius”, ovvero cappio, per cui già etimologicamente richiama concetti quali il sentirsi soffocare, ed è connotata da varie sensazioni, per lo più spiacevoli, fra cui il timore, la paura, l’apprensione, la preoccupazione, la sensazione che le cose possano sfuggire di mano, il bisogno di trovare una soluzione immediata e, nel caso di esposizione prolungata, la frustrazione e la disperazione. Questa è l’ansia nella sua concezione patologica, ma esiste anche un’ansia fisiologica, per così dire “normale”, un’emozione naturale e universale. In questo caso, essa è generata da un meccanismo psicologico di risposta allo stress, il quale svolge la funzione di anticipare la percezione di un eventuale pericolo prima ancora che esso si manifesti concretamente; in quest’ottica, quindi, l’ansia ha anche una funzione evolutiva, ovvero legata alla nostra sopravvivenza e a quella della specie umana in generale, poiché ci protegge da pericoli e minacce esterne preparandoci all’azione. In questi casi, l’ansia funziona come un “sistema di allarme” fisiologico ed utile alla sopravvivenza della specie che ha la funzione di:

ANTICIPARE IL PERICOLO
VALUTARE LA SITUAZIONE
AGIRE NEL MODO PIU’ ADEGUATO

prima ancora che il pericolo stesso si sia chiaramente manifestato.
Inoltre, in ambito scientifico è ormai consolidata la tesi per cui un livello di ansia ottimale, né troppo basso né troppo alto, costituisce lo sprone per ottenere il meglio in una prestazione: un livello troppo basso di ansia indica un’attivazione fisiologica e psicologica troppo bassa e per questo inefficace, mentre un livello troppo alto porta a confusione e quindi inficia la buona qualità della performance. In particole, la curva di Yerkes-Dodson mostra la relazione tra lo stato emozionale di allarme (ansia) e la prestazione. Con l’aumento dell’ansia l’efficienza della prestazione aumenta proporzionalmente, ma soltanto fino a un livello ottimale oltre il quale l’efficienza prestazionale diminuisce, con ulteriore aumento dell’ansia che ai livelli massimi può portare all’impossibilità di ogni prestazione.
Questi tipi di ansia sono costruttivi, ovvero risultano funzionali alla nostra sopravvivenza. Fungono da intermediario tra il mondo esterno e il nostro mondo psichico interno, mettendoci in grado di far fronte ai problemi della vita e di adoperarci per migliorare il nostro adattamento all’ambiente. Sono dunque fattori di crescita e sviluppo della personalità che forniscono stimoli e motivazione all’accrescimento. Quando l’attivazione del sistema di ansia è eccessiva, ingiustificata e sproporzionata rispetto alle situazioni, l’ansia diventa disadattativa e causa sofferenza e disfunzionalità perchè può complicare notevolmente la vita di una persona e renderla incapace di affrontare anche le più comuni situazioni. La sovrastima del pericolo o la sottostima delle capacità di farvi fronte, contribuiscono ad accrescere i sintomi d’ansia che, a loro volta, diventano fonte di minaccia per l’individuo che li sperimenta.

L’ansia nei bambini

Negli ultimi anni il numero di bambini e ragazzini che manifesta specifici disturbi d’ansia ha raggiunto un livello tale da costituire un vero e proprio allarme sociale. Pare che il 21% dei ragazzi di 8, 12 e 17 anni presenti una sintomatologia e disturbi tali da giustificare una diagnosi di ansia.

Innanzitutto è opportuno sottolineare che non è facile, nei bambini, discriminare tra una paura normale ed un’ansia patologica: l’ansia è normale e prevedibile in certi momenti dello sviluppo come nella separazione dai genitori oppure quando i bambini rimangono soli al buio o durante un temporale. Dove si situa quindi il limite tra paura/ansia normale e patologica? Quando, nei più piccini, l’ansia diventa un disagio clinico? La risposta si trova nell’osservazione del comportamento del piccolo: se l’ansia interferisce con le consuete attività giornaliere, le rende più complesse e sofferenti, durante la scuola, a casa o in compagnia di altri coetanei. Inoltre, dato assai significativo, il disturbo d’ansia nel bambino piccolo è spesso manifestato con sintomi quali cefalea, vomito e dolori addominali. Se il vostro bambino piange spesso, oppure è agitato, nervoso, e manifesta sintomi fisici apparentemente inspiegabili, occorre chiedersi se si tratti di un disturbo d’ansia.

A partire dalla pre adolescenza invece ( verso i 12/13 anni) le crisi assumono atteggiamenti di continua richiesta, manifestazioni di collera e alterazioni comportamentali. Quello che oggi preoccupa maggiormente è l’ ansia da separazione, l’ansia generalizzata, le fobie specifiche e i disturbi ossessivo compulsivi. Ci sono bambini che sentono il bisogno di lavarsi continuamente le mani, altri che vogliono i pupazzi sempre nello stesso ordine, altri ancora che vogliono indossare sempre le medesime scarpe o che impiegano molto tempo nello svolgimento delle giornaliere attività. Purtroppo però l’ansia che colpisce in questa fascia di età viene spesso misconosciuta e confusa con altri disturbi.

Cause dell’ansia nei bambini:

In ambito clinico oggi prevale il cosiddetto modello bio-psico-sociale, che vede i disturbi d’ansia causati dalla compresenza di tre fattori:
1. Genetici: predisposizione biologica, ereditarietà;
2. Ambientali: condizioni di vita stressanti e ansiogene; eventi (piccoli o grandi) sentiti dal bambino come traumatici, modalità educative eccessivamente tolleranti e/o atteggiamento genitoriale intrusivo e iperprotettivo, stile di attaccamento insicuro-ambivalente, scarsa affettività intrafamiliare, eccessiva valorizzazione degli studi e dei risultati scolastici, tensioni con insegnanti o compagni, episodi di bullismo subiti.
3. Di personalità: emotività e/o immaturità eccessive nel bambino, tendenza eccessiva alla dipendenza dalle figure di attaccamento (mamma, papà, nonni, etc…).
Inoltre, per quanto riguarda la genesi dei disturbi d’ansia nel bambino, hanno un ruolo fondamentale le prime esperienze di vita che questi fa, in primis l’allattamento.
Le cause dell’aumento di questi disturbi sono in parte da ricercare tutte nella storia personale di questi bambini e ragazzi e in quella dei loro genitori. Ma anche la società, con i fattori ambientali, ha un ruolo preponderante: la civiltà è cambiata, siamo passati in pochi anni da una realtà contadina a una industriale e insieme è cambiato il matrimonio.
Esplodono separazioni e divorzi, e si creano nuove forme di famiglia allargata. Inoltre, i bambini fanno indigestione, fina dalla più tenera età, dei cosiddetti nuovi mezzi di comunicazione: cellulari, iphone, ipod, computer, social network…, che hanno modificato il mondo ed il modo di relazionarsi agli altri. Nel frattempo i più piccoli somatizzano, cioè trasformano le loro ansie e angosce in sintomi. Spesso i bambini manifestano il loro disagio con crisi di pianto disperato, agitazione psicomotoria, enuresi notturna (pipì a letto), nausee e vomito. Mentre i più grandi non dormono, hanno incubi, svengono, sentono palpitazioni e vertigini.
Il rapporto con i genitori molte volte può giocare un ruolo fondamentale in questi casi. A volte gli adulti sono iperprotettivi con i figli, come conseguenza al fatto che spesso non sono presenti nella vita dei bambini. Succede che un padre o una madre che stanno totalmente con i figli solo il fine settimana, sviluppano dei forti sensi di colpa che li portano ad avere una presenza patogena (malata) nelle poche ore di condivisione; poi durante la settimana si dileguano in una routine quotidiana nella quale il padre che torna a casa ignora il figlio. Il bambino a questo punto percepisce un senso di perdita, mentre il figlio dovrebbe poter contare sui genitori sempre, magari mezz’ora al giorno, ma con costanza. Inoltre, oggi gli adulti hanno più difficoltà nel dire “no”, quei no che dovrebbero essere detti per far sviluppare una personalità autonoma ai figli, quella necessaria per l’emancipazione emotiva.
Infine, sono importanti i fattori genetici ed ereditari: a volte le nevrosi si trasmettono direttamente da madre a figlio, addirittura durante l’allattamento, in un meccanismo che la psichiatria chiama subliminale, ovvero: la mamma ha delle paure, che in un certo limite sono anche usuali e normali, ovvero che il bambino non si attacchi bene, che non prenda latte a sufficienza, etc…, che il bambino assorbe e che si trasformano in ansia.
Molto comune nei più piccoli è il Disturbo da Ansia da Separazione, nel quale il bambino presenta un’eccessiva difficoltà a separarsi dalle figure di attaccamento, evidente con sintomi fisici, comportamentali e cognitivi: pianto eccessivo con reazioni comportamentali molto forti al momento della separazione dalle figure di attaccamento,in seguito sintomi quali nausea, tremito, senso di paura e aspettative di eventi catastrofici. Spesso le crisi d’ansia da separazione impediscono a questi bambini di frequentare la scuola e di addormentarsi in assenza del genitore. Inoltre, il bambino vive enormi difficoltà a stare in qualsiasi luogo lontani dai genitori (scuola, dormire nella propria camera), preoccupazioni irrazionali, irrealistiche e persistente di perdita di uno o entrambi i genitori e/o paura che possa accader loro qualcosa di brutto, (quando escono di casa chiedono “Ma dove vai? Ma torni? Ti accadrà qualcosa di brutto?”), ed hanno spesso incubi notturni connessi alla separazione. Altra sindrome molto comune nei più piccoli è la Sindrome Fobica, ovvero un disturbo caratterizzato da eccessiva e persistente paura nei confronti di particolari oggetti, animali o situazioni che interferisce con il normale funzionamento del bambino e con la vita dei familiari. Ad esempio, la fobia dei cani potrebbe costringere un bambino a fare un tragitto più lungo per andare a scuola pur di non passare davanti ad una villetta nel cui cortile vi è un cane che abbaia ai passanti. Nel bambino una normale paura diventa fobia quando è eccessiva, persistente ed impedisce al bambino ed alla sua famiglia di fare una vita normale, ovvero è vincolante e condizionante.

Quando invece il bambino il bambino inizia ad avere comportamenti strani, a svolgere dei rituali particolari nello svolgimento delle sue consuete attività- come ordinare gli oggetti sempre nel solito modo, fare le cose sempre nel solito ordine, toccare in modo apparentemente bizzarro e stereotipato degli oggetti, impiegare molto tempo nel vestirsi, etc…- siamo di fronte ad un disturbo ossessivo-compulsivo.
Nei bambini che presentano questi disturbi sono presenti mille paure, che rendono necessari controlli accurati, ma insufficienti a rassicurarli del tutto. Sono frequenti paure di contaminazione, che portano i bambini a mantenersi distanti dall’ipotizzata fonte di minaccia e ad eseguire rituali, come lavarsi continuamente le mani.
Concludendo, ansie e paure nei bambini sono molto diffuse ed anche normali, tipiche dell’età. Ma se notate nel vostro bambino un eccesso di ansia, di paura, o dei comportamenti bizzarri che condizionano la sua vita, forse è il caso di rivolgersi ad un professionista per risolvere il problema. Nei bimbi piccoli l’intervento tempestivo è fondamentale: se si interviene subito, infatti, bastano poche sedute per ritornare alla normalità ed impedire lo strutturarsi di disturbi che, in seguito, potrebbero risultare molto più difficoltosi da smantellare.